Cappella Pancalducci

Mastro Martino Pancalducci, artigiano di Macerata, ottenne la cappella situata presso la piccola sacrestia (che si trova sulla sinistra) e la costruzione terminò tra il 1580 e il 1581. La pala dell’altare è dei fratelli Giovanni Battista e Francesco Ragazzini da Ravenna ed è firmata. Rappresenta Sant’Anna con in braccio la Madonna Bambina;al di sopra S. Emerenziana; a destra S. Francesco di Paola, S. Antonio da Padova e S. Andrea Corsini; a sinistra S. Orsola e S. Giuliano. Buoni coloritori hanno tuttavia un disegno duro e impacciato. Il maggior pregio del lavoro sta comunque nel ritratto dei coniugi Pancalducci. Ai lati della pala, presso una baroccheggiante architettura decorativa, sono due affreschi, un rappresentante S: Maddalena, l’altro S. Elisabetta. Recenti restauri hanno evidenziato una decorazione parietale fine e aggraziata, che inquadra due affreschi: a sinistr la storia di S. Gioacchino, a destra lo Sposalizio della Vergine

Cappella Panici

Fu eretta da Gian Giacomo Panici: iniziata nel 1589 fu compiuta solo nel 1622. Il quadro dell’altare raffigura nel primo piano S. Alberto carmelitano tra due giovinetti genuflessi; in alto la Vergine e i Santi. I bimbi dal colletto ricamato al costume dell’epoca sono due magnifici ritratti, come ritratto è evidente anche il S. Alberto. Autore è Felice Damiani da Gubbio

Cappella S. Maria delle vergini

Si articola intorno all’affresco della Madonna che il più antico della chiesa, datato da memorie letterarie all’anno 1533.Sull’autore si sono avanzate più ipotesi; il Civalli ne dà la paternità al maceratese Lorenzo Pittori, mentre studi più recenti della Sovrintendenza è la storia di Macerata lo attribuiscono a Lorenzo detto Giuda da Matelica, la cui prima menzione data al 1502; rimase a Macerata fino al 1514 e vi tornò nel 1520. Nella II ed. della sua Macerata sacra, Otello Gentili chiama l’autore del nostro affresco Lorenzo de Carris. L’affresco ha subito un trasloco nel 1605 e vari restauri. In pieno Rinascimento appare un’opera modesta e arcaica, con un motivo già sviluppato dalla fine del 1300 e poi spesso seguito: la Vergine che accoglie sotto il manto i suoi devoti; qui sono adolescenti di ambo i sessi, donde il titolo di S. Maria dei Vergini. Il diadema d’oro che incorona la Vergine venne solennemente posto dal patriarca di Antioca e canonico decano della chiesa di S. Pietro in Roma il 21 ottobre 1626. Ancora all’inizio di questo secolo, dell’affresco era visibile solamente il volto poiché la parte inferiore era ricoperta da una tela del XVIII sec.; solo il restauro del 1926 ha permesso di godere dell’insieme dell’immagine. Al lato sinistro dell’altare c’è una Annunciazione di ignoto autore, che probabilmente deriva dal Cavalier d’ Arpino: a destra la visitazione del Trassi, ascolano (1650). Sopra l’affresco è la tela del Cavalier d’ Arpino (1640) che raffigura una scena durante la fuga in Egitto. L’opera ha pregi notevoli, quale il luminoso impasto cromatico ma anche imperfezioni, quali i soggetti di maniera e la debolezza conseguente del disegno. Nota: Oggi la chiesa viene chiamata S. Maria delle Vergini, mentre all’inizio e sino al sec. XVII era detta “dei Vergini”, al maschile, comprendente il riferimento ad ambedue i sessi degli adolescenti che sono sotto il manto della Vergine. Questa la spiegazione del nome della cappella

Cappella ferri

Questa cappella contiene, sulla sinistra uno dei più importanti pezzi della chiesa, l’adorazione dei Magi, datata al 1587 e firmata dal Tintoretto, al secolo Jacopo Robusti. Presumibilmente tuttavia l’opera fu in parte, se non totalmente realizzata da allievi della sua scuola. La composizione si articola in tre piani: nel primo vi sono gli umili che preparano i loro doni al neonato Messia; nel secondo vi sono i grandi della terra che si incurvano dinanzi al Bambino, senza usare guardarlo, storditi dal fulgore di una maestà sovraumana; il terzo raccoglie un nimbo di angeli osannanti, che mostrano la loro origine celeste dalle loro vesti che sembrano tessute d’aria. Il quadro di fronte la Tintoretto rappresenta l’Adorazione dei pastori, ed è copia tratta dalla Natività di Paolo Rubens, conservata a Fermo. La pala d’altare, con il Crocifisso, non è di rilievo artistico. Originariamente la cappella doveva possedere una decorazione pittorica opera del maceratese Gasparrini (ca. 1590), ma è andata persa: gli stucchi odierni furono commissionati da Clelia Amici, vedova Ferri, nel secolo XVII

Cappella fata

Il Vigo, storico della chiesa e priore del convento la cita anche come cappella di S. Teresa, con evidente riferimento alla pala d’altare. L’unico documento da cui si può trarre qualche notizia per definirla compiutamente, redatto dal notaio Antonio Brancazio è datato 15 settembre 1624: il testamento con cui l’illustrissimo Sig. Annibale Fata di Macerata comanda di portare a termine “il quadro di S. Teresa che fa il Sig. Arciprete di S. Giorgio nell’altare del detto testatore nella chiesa di S. Maria delle Vergini di Macerata”. Il quadro rappresenta S. Teresa d’Avila trafitta dal dardo infuocato di un serafino. Un po’ convenzionale e manierato, ma sicuramente decorativo. Gli ordinamenti della cappella furono fatti in vari momenti: nel 1696, 1758 e 1760. L’ultima decorazione pittorica del complesso risale al 1928, ad opera di Giuseppe Nardi

Cappella maggiore

Nel 1567 la corporazione dei Bifolchi Maceratesi ottenne a proprio nome la cappella e nel 1575 vi costruì un altare e un sepolcro. Gli ornati furono terminati invece solo nel 1595. Gli artisti che lavorarono alla cappella furono il maceratese Gaspare Gasparrini con Vincenzo e Cesare Conti, entrambi di Ancona. Presso questo altare la corporazione dei Bifolchi si radunava per celebrare la festa della propria Patrona, la Madonna Assunta, il 15 agosto. La cappella è dedicata alla SS.ma Eucaristia, e tutta la decorazione ha un tema eucaristico. Il quadro dell’altare raggruppa due episodi evangelici: l’ultima cena nella parte centrale e le Nozze di Cana nel primo piano: l’acqua si cambia in vino per la parola di Cristo e per la medesima parola il pane e il vino si cambiano nel suo Corpo e nel suo Sangue. Il quadro ad olio, dei Conti, risente molto della moda del tempo, che amava sfoggiare una perita abilità anatomica. Si nota nel lavoro un’ottima qualità coloristica che ricorda i veneti e la correttezza di disegno orientata verso la scuola romana. L’affresco nel lato sinistro di chi guarda rappresenta la caduta della manna, anch’esso simbolo dell’Eucaristia che sazia l’anima nel terreno pellegrinaggio. La fattura dell’affresco denota una buona conoscenza della prospettiva aerea e ottime qualità paesistiche. L’affresco nel lato destro narra un episodio della vita di David. Il giovane guerriero israelita fuggendo l’ira del suo re Saul, si rifugia presso l’Arca dell’Alleanza a cercare scampo e ristoro. I sacerdoti gli vanno incontro e lo rifocillano insieme ai suoi compagni col pane santificato. Presso i pilastri esterni quattro figure chiudono la decorazione. A sinistra: sopra S. Luca e sotto S. Girolamo; a destra S. Marco e S. Gregorio Magno. Dall’ampio panneggio rosso, s’inquadra in linee potenti la figura di S. Girolamo, notevole per le gigantesche sembianze corporee, l’eccelsa figura spirituale. In basso a sinistra: un affresco monocromo raffigura il profeta Elia che, addormentato sotto il Ginepro, è svegliato dall’angelo perché mangi del pane che lo sosterrà per quaranta giorni di viaggio. cappella maggiore particolare dx_resizedIn basso a destra è Abramo che, reduce della guerra contro Codorlaomor, è benedetto dal sacerdote di Dio, Melchisedec, al quale offre pane e vino, simboli eucaristici. Sotto i cornicioni gli stemmi della corporazione dei Bifolchi: una mano che regge la spiga e un operaio che guida il giogo. Nel cielo della cappella i dipinti a raggiera sono tele incollate al muro; da sinistra a destra: S. Giovanni , Angeli adoranti, S. Matteo, altri angeli. All’interno: S. Ambrogio di Milano, l’eterno Padre, S. Agostino. Le statue superiori in stucco rifinite con cura hanno un solo difetto: svaniscono per eccessiva distanza, mentre da vicino hanno pose e modellature nobili.

Cappella ciccolini

Per gratitudine verso la nobile Casa Ciccolini, che aveva aiutato la fabbrica del Tempio, fu accolta la richiesta di una cappella da edificarsi ed onorarsi a proprie spese. Avutala nel 1567, fu terminata nel 1594; la pala dell’altare però porta la data del 1600 ed è firmata da Giuseppe Bastiani, detto Giseppino da Macerata, autore di tutto il complesso pittorico della cappella. Rappresenta S.Francesco orante sotto la gloria della vergine Incoronata. La testa del santo, grave e pensosa, è penetrata di alto misticismo; le mani allargate implorano un raggio della luce suprema che si irradia al di sopra, tra il guizzo dei serafini e la melodia di strumenti celestiali. A sinistra un affresco narra la gloria della Natività. In alto è una festa di bimbi alati che tripudiano, recando la legenda “Gloria in excelsis Deo”. In basso la pia Madre si curva adorante sul neonato Messia, inondata dalla sua luce, con i pastori che guardano attoniti. (Oggi recenti restauri hanno eliminato le sovrapposizioni più recenti) A destra: la circoncisione di Gesù. Il colonnato che sfugge verso il centro dà profondità prospettica, mentre la pendula lampada arricchisce la scena di misticismo. In alto a sinistra, la Strage degli Innocenti; in centro Angeli adoranti lo Spirito Santo; a destra S. Giuseppe svegliato dall’Angelo, e la fuga in Egitto. Nel fondo l’Annunciazione, spartita in due mezze lunette divisa dalla finestra

Cappella albani

Fu offerta spontaneamente dalla confraternita dei Vergini e dai religiosi al governatore della Marca Gian Girolamo Albani, poi cardinale, in ringraziamento per gli aiuti dati alla costruzione del tempio. Fu totalmente perfezionata nel 1581. Gregorio XIII concesse l’altare privilegiato, confermato da Paolo V nel 1611. La tavola, con la Vergine tra i santi Girolamo e Nicola è opera del maceratese Gaspare Gasparrini. La figura della Vergine, d’impostazione un po’arcaica, ha dolcezza e maestà; il Fanciullo sorride e benedice assiso sulle ginocchia materne; una corona di angeli chiude la composizione. I santi Girolamo e Nicola da Tolentino sono rifiniti con arte raffaellesca. Peccato che la tavola sia dolorosamente screpolata per la cattiva preparazione, malcurata da un successivo restauro che non ha fissato il colore. Ai lati dell’altare figurano due fatti della vita de profeta Elia. A sinistra: dal cielo scende il fuoco che consumava la vittima sacrificale, tra lo sbigottimento dei falsi profeti; a destra: il popolo, resosi conto che il vero Dio è quello predicato da Elia e che i profeti di Baal lo hanno ingannato, li rincorre presso un torrente e li passa a fil di spada. Altri due affreschi circondano l’altare: S. Fabiano e S. Angelo martire carmelitano. La decorazione della volta ha intonazione pompeiana. Nel giro esterno sono dipinte (da sinistra a destra): la Fortezza, la Prudenza con specchio in mano e funicella, la Carità, la Fede (al centro), la Speranza, la Giustizia e la Temperanza che mesce acqua al vino dell’orcio. Più in dentro (da sinistra a destra): la Sibilla, l’eterno Padre, il poeta Virgilio. Vicino alla finestra varie figure decorative. Nei due ovali: il ritratto del card. Albani e del parroco Centi, durante il cui ufficio furono eseguiti i lavori di restauro, nel 1947/48

Cappella san filippo

Originariamente qui era un ingresso laterale del tempio che dava sul convento; l’altare che vi fu eretto dietro lascito di Pompeo Buzzio e dedicato a S. Giovanni Battista verso il 1580 doveva essere perciò staccato dalla parete. La cappella però era senza ornamenti e tale rimase fino al 1745, anno in cui il Sig. Ignazio Saverio Riccitelli fece dono della grande pala d’altare preparata a Bologna per la chiesa di S. Filippo in Macerata e non risultata di gradimento ai religiosi Oratoriani. Coll’ aiuto del tesoriere della Marca Gianfrancesco Morichi la cappella fu adornata di colonne e di stucchi con due statue imponenti rappresentanti Mosè ed Elia. La grandiosa tela di Giuseppe Marchesi, detto Sansone, rappresenta l’estasi di S. Filippo, con disegno e scioltezza considerevoli. Gli angeli che riempiono la composizione hanno morbidezza di carni e di panni ammirabile. Notevole la cura anatomica, testimoniata dai due angioletti in basso a destra

Cappella mozzi

Ottenuta dal nobile Alessandro Mozzi, ne iniziò la costruzione nel 1573, ma morì l’anno successivo. Sua madre Margherita, nel 1577 commissionò per 600 fiorini “la costruzione ed erezione della cappella sotto il titolo dell’Assunzione della B. Vergine Maria nella chiesa dei Vergini” al maceratese Gaspare Gasparrini. Alcuni anni dopo due statue ai lati dell’altare, alquanto invereconde, furono sostituite da due colonne. Il quadro è assai rovinato, per l’acqua penetrata addietro dalla finestra e dal tetto ma anche per la cattiva preparazione della tela, formata da troppi pezzi; solo la parte superiore mostra ancora il buon pennello che l’ha dipinta. Del gruppo degli apostoli in basso è visibile solo qualche testa barbuta e alcune vesti; il resto è stato cancellato da successivi interventi. Del Gasparrini sono gli affreschi da poco scoperti nella cappella, raffiguranti S. Giuliano e S. Nicola da Tolentino. Vi si sente un’arte matura, un gettito di colore risoluto e senza pentimenti. Ai lati dell’altare di questa cappella: La Natività di Maria(a sinistra), e la presentazione al tempio(a destra), opera creata più per fare sfoggio di cognizioni anatomiche che per una sacra rappresentazione. Tali quadri sono inquadrati da decorazioni sontuose a meandro, rivenute con gli ultimi restauri

Cappella del battistero

Fu eretta alla fine del sec. XVII in onore di S. Maddalena de’ Pazzi, vergine carmelitana, canonizzata nel 1670 . Il parroco Chiodi (che resse la parrocchia dal 1920 al 1937) vi costruì il fonte battesimale che precedentemente era ricavato in un pilastrone a sinistra, e chiuso con cancellata in legno. La tela dell’altare è di Filippo Palazzetti, che la dipinse nel 1736, quando era un giovane di 25 anni. Rappresenta la santa carmelitana ricoperta dalla Vergine con candido velo: opera giovanile risalta piena di brio e di buoni effetti chiaroscurali. Gli ornamenti intorno al quadro sono opera di Giulio Candiotti da Macerata (1743), lo stesso che dipinse i paliotti di tutti gi altari

il coccodrillo

Oggetto di curiosità è un coccodrillo, che sta appeso in alto a sinistra di chi guarda la cappella della Madonna. C’è chi dice che fu portato dai crociati di ritorno dall’Oriente. C’è, invece, chi racconta un fatto prodigioso avvenuto verso il 1590: «Un coccodrillo comparve sulle rive del fiume Chienti facendo strage nell’intorno di animali e terrorizzando gli abitanti. Gli fu tesa la caccia, ma sempre in vano per le squame troppo dure. Non contento di afferrare gli animali un giorno rapì un piccolo bambino ad un contadino, il quale, agli strilli del figlio, corse con la forca che aveva in mano. Il coccodrillo, allora, lasciato il bambino, si rizzò per assaltare l’uomo. Ma, questi, invocando con grande fede l’aiuto di Maria SS. Delle Vergini, gli conficcò la forca nel ventre e l’uccise. Sventratolo e riempitolo di paglia, lo portò in dono alla Chiesa.»

l'arte del tempio

Di seguito, diamo una rapida rassegna delle cappelle.
1. Cappella Maggiore. Al centro: Nozze di Cana e cena del Signore con gli Apostoli. Lato sinistro: Caduta della manna nel deserto. Lato destro: David fugge l’ira di Saul e si ripara presso l’Arca dell’Alleanza. Opere dei fratelli Conti di Ancona.
2. Cappella Ciccolini. Al centro: S. Francesco in preghiera sotto la gloria della Vergine Incoronata. Affreschi e stucchi opera del Bastiani, verso il 1600.
3. Cappella Albani. Al centro: Madonna in trono tra S. Girolamo e S. Nicola da Tolentino. Opera di Giuseppino da Macerata.
4. Cappella S. Filippo. Al centro: Estasi di S. Filippo. Opera di Giuseppe Marchesi detto Sansone.
5. Cappella Mozzi. Al centro: Assunzione di Maria SS.ma. Opera di Gaspare Gasperini, maceratese, imitatore di Raffaello Sanzio, 1581.
6. Cappella Battistero. Al centro: S. Maria Maddalena de’ Pazzi, carmelitana. Opera di Filippo Palazzetti, 1736.
7. Cappella Pancalducci. Al centro: S. Anna tra i Santi e, al di sotto, i coniugi Pancalducci in preghiera. Opera dei fratelli Ragazzini di Ravenna, verso il 1581.
8. Cappella Panici. Al centro: S. Alberto, carmelitano. Opera di Felice Damiano da Gubbio, verso i primi del 1600.
9. Cappella di S. Maria delle Vergini. Al centro: La Madonna delle Vergini, affresco di Lorenzo Pittori, 1533. Al di sopra: Fuga in Egitto, opera di Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, 1640. Lato sinistro: Annunziazione di Maria, attribuita al Cavalier d’Arpino. Lato destro: Visitazione, opera del Trassi di Ascoli Piceno, del 1650.
10. Cappella Fata. Lato sinistro: Adorazione dei magi, opera di Domenico Tintoretto, 1587. Lato destro: Adorazione dei pastori, copia di una Natività di Pieter Paul Rubens.

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Parrocchia Santa Maria delle Vergini
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